Come funziona un orologio automatico? Fin dal 1700, ossia dagli anni di Abraham-Louis Breguet, sono stati tanti gli orologiai che si sono arrovellati per trovare un sistema meccanico che si sostituisse alla mano dell’uomo per mantenere l’orologio sempre carico automaticamente.
Da innumerevoli studi è nato il meccanismo di carica automatica come oggi lo conosciamo. Questa invenzione è universalmente attribuita all’orologiaio Abraham-Louis Perrelet (1729-1826). Successivamente la prima realizzazione che ha avuto un vero e proprio impiego industriale con un funzionamento regolare ed efficace è stata quella della Rolex con il suo sistema Perpetual, datato 1931.
La meccanica a carica automatica è stata capace, grazie allo studio e alle ricerche portate avanti delle più famose Maisons manifatturiere, di arrivare ai giorni nostri con innumerevoli nuove soluzioni in grado di soddisfare l’esigenza sempre più grande di assoluta precisione.
Negli ultimi anni sono stati inoltre introdotti nuovi materiali per la composizione degli elementi dell’automatismo, piccole modifiche ma enormi passi avanti, che hanno unito la tradizione orologiera alla moderna micro ingegneria.
Come funziona un orologio automatico?
Cerchiamo ora di comprendere come funziona nello specifico una meccanica a carica automatica. Il funzionamento del movimento meccanico a carica automatica è dovuto all’energia cinetica sprigionata del movimento del braccio; va da sè che un orologio dotato di questa tecnologia non necessita ovviamente più della carica manuale.
Ma come viene trasformata l’energia del movimento in energia funzionale al funzionamento dell’orologio? Questo prodigio è dovuto alla massa oscillante (o rotore)*, ossia un piccolo peso che oscilla in un apposito alloggiamento ad ogni movimento del polso.
Massa oscillante di un movimento meccanico automatico
Il rotore è un settore circolare, opportunamente appesantito nella fascia più esterna per migliorarne il momento di inerzia. Ad ogni movimento del polso la massa ruota attorno al suo asse e, attraverso una serie di ingranaggi supplementari, trasmette la sua energia alla molla di carica* nel bariletto*.
Più nel dettaglio: la molla di carica è avvolta su se stessa all’interno del bariletto, ed è collegata da un capo all’albero che si trova al centro del bariletto, dall’altro capo (quello esterno) alla parete del bariletto stesso. L’oscillazione del braccio fa muovere il peso che, agendo con la leva sul cricchetto, comprime la molla di carica e permette il completo funzionamento della meccanica.
Per sua natura, una volta arrotolata, la molla tende a srotolarsi liberando energia. Questo è il “carburante” che permette al motore dell’orologio di funzionare.
I diversi meccanismi automatici
Non tutti i meccanismi automatici sono uguali, le scelte progettuali delle diverse Maison producono sistemi di ricarica automatica più o meno efficienti (ovvero più o meno rapidi nel ricaricare la molla di carica).
Esistono sistemi di ricarica monodirezionali e bidirezionali: nei primi il rotore aziona la molla solo quando ruota in un senso (come negli orologi Patek Philippe); nei secondi, grazie a degli ingranaggi invertitori, la ricarica avviene in entrambi i sensi (come nei movimenti Rolex, i cui invertitori rossi sono facilmente identificabili, o IWC, che brevettò lo storico sistema Pellaton*).
Uno degli elementi più importanti di un orologio meccanico a carica automatica è sicuramente il bilanciere che ha la stessa funzione di un pendolo. Esso determina, in maniera assolutamente indipendente dalla quantità di energia presente nella molla motrice, gli intervalli regolari con cui lo scappamento rilascia il ruotismo, consentendo così alle lancette di avanzare.
“Non appena la tensione della molla si allenta, gli impulsi trasmessi dalle leve dell’ancora al bilanciere diventano più deboli e l’ampiezza di oscillazione si riduce. Malgrado ciò, il bottone d’impulso spinge l’ancora a intervalli quasi identici”. IWC
Tuttavia, le caratteristiche fisiche del pendolo sono solo il punto di partenza per l’elevato livello di precisione. Negli orologi da polso automatici come quelli a carica manuale infatti, dotati di centinaia di singole parti in continuo movimento, “il diavolo si nasconde nei dettagli”. Perciò, da secoli, geni, creativi e inventori solitari cercano di migliorarne la precisione.
Ulteriori caratteristiche importanti
Sviluppata dall’orologiaio svizzero Abraham-Louis Breguet intorno al 1795, la spirale che prende il nome del suo inventore ha notevolmente contribuito ad assicurare la regolarità del movimento oscillatorio del bilanciere.
Ci sono inoltre elementi del sistema di carica che, pur non appartenendo al meccanismo della carica automatica, fanno la differenza fra un movimento automatico e l’altro. Un esempio di questo è il numero di bariletti, che attualmente negli orologi da polso va da uno a quattro (nel caso in cui siano due, si parla di “doppio bariletto”), per aumentare l’autonomia dell’orologio, che può variare da circa quaranta ore a ben quindici giorni. Ma lo studio della carica automatica non si esaurisce qui.
Essendo un meccanismo che dipende fortemente dall’utilizzatore e dai suoi movimenti consapevoli e inconsapevoli, per massimizzarne le prestazioni gli orologiai si sono trasformati in buoni osservatori delle abitudini umane.
Così, se hanno stimato nel numero di circa 3000 i movimenti che imprimiamo quotidianamente al nostro orologio (più che sufficienti nella maggior parte dei casi ad assicurare un costante stato di carica del movimento), hanno anche studiato la risposta del meccanismo di carica automatica al tipo di attività svolte dall’utilizzatore dell’orologio.
Se infatti si conduce una vita troppo sedentaria, si rischia di caricare troppo poco il proprio orologio automatico, a svantaggio della sua precisione. Al contrario, un’attività sportiva intensa può sottoporre il meccanismo di carica automatica a eccessivi stress. Per questo motivo sono stati studiati, ad esempio, dei sistemi per modificare la geometria del rotore di carica e adattare la sua inerzia al tipo di attività svolta da chi indossa l’orologio.
Gli studi sulla carica automatica, quindi, nonostante i 200 anni di evoluzione, non si sono ancora arrestati. Miglioramenti sono stati introdotti negli ultimi anni sui componenti, per ridurre sempre più l’attrito e l’usura del meccanismo (ad esempio con l’uso di cuscinetti a sfere con biglie in ceramica). Altre sperimentazioni sono invece orientate a massimizzare l’efficienza del meccanismo in funzione della precisione dell’orologio.
Si tratta di attività in cui le aziende investono energie e capitali, per mantenere i propri prodotti a quei livelli di eccellenza che determinano la differenza fra orologeria e alta orologeria.
Legenda:
*1 – La massa oscillante sostituisce il gruppo corona e rocchetto, che sono invece l’elemento di carica presente nei movimenti meccanici a carica manuale.
*2 – Quest’ultima è dotata di un dispositivo che limita la ricarica generata dai polsi più attivi evitando irregolarità di funzionamento o rotture.
*3 – Il bariletto è il termine tecnico per definire un piccolo cilindro metallico piatto al cui interno è inserita la molla di carica.
*4 – Nel sistema di ricarica Pellaton la massa oscillante non agisce sull’asse del bariletto, ma il rotore comanda due camme che agganciano un ruota dentata solidale con il bariletto facendolo ruotare e ricaricandolo in modo molto funzionale!